Obbedienza all'autorità

Dopo aver visto l'esperimento di Milgram sull'obbedienza all'autorità (https://www.youtube.com/watch?time_continue=7&v=VoGMMMkv6lQ) rispondere alle seguenti domande.
Oltre alle domande indicate dal docente, ne possono essere proposte altre per alimentate il dibattito.

Commenti


  1. Secondo voi esiste una relazione tra obbedienza all'autorità e incompetenza dell'agente? Potete fare qualche esempio?

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    1. Si. Chi obbedisce all'autorità solo ed esclusivamente perché la direttiva viene dall'alto senza andare a valutare le conseguenze delle proprie azioni può essere definito incompetente (un superiore ci chiede di prenotargli un viaggio di lavoro utilizzando i mezzi di trasporto che rendano il viaggio il più lungo possibile poiché è pagato ulteriormente per le ore di viaggio). Vanno però escluse le situazioni in cui, il non eseguire un ordine, potrebbe danneggiare l'agente.

      GABRIELE FIGLIOLINI

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    2. E' possibile pensare ad una correlazione negativa tra obbedienza all'autorità ed incompetenza dell'agente. In particolare, tanto più l'agente è incompetente, tanto più sarà portato ad obbedire all'autorità pedissequamente, in quanto privo di strumenti che gli consentano una visione completa delle circostanze in cui opera.
      Ad esempio: un responsabile d'ufficio che possiede poche competenze, si limiterà ad eseguire le indicazioni del suo dirigente circa il conseguimento degli obiettivi assegnatigli. Viceversa un responsabile d'ufficio capace farà delle scelte in un ottica di medio e lungo periodo, tenendo conto anche (ma non solo) degli obiettivi che l'autorità si pone.

      Andrea Pascolini

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    3. Definire la relazione tra incompetenza e obbedienza all'autorità non lo trovo affatto semplice. Tendenzialmente sarei portato a dire che un livello più alto di incompetenza porta i soggetti ad essere maggiormente assoggettati all'autorità ma rivedendo la parte iniziale dell'esperimento di Milgram non ne sono cosi sicuro o meglio non sono sicuro che la correlazione sia solo fra questi due elementi. Nella prima parte in cui viene descritto l'esperimento i soggetti subiscono una scossa di prova da 45 volts che in generale o sovrastimano o comunque ritengono essere "enough". In quel momento secondo me sono competenti, sanno che molto probabilmente causeranno dolore all'altro soggetto dell' esperimento. Come si può somministrare uno shock elettrico 10 volte superiore a quello provato senza avere la quasi certezza che si stia provocando dolore? Il caso più clemente si è fermato a circa 3 volte lo shock provato ma il 50% del campione è arrivato fino in fondo, ci sono davvero tutte queste persone incompetenti o forse ci sono altri fattori in gioco? Per me la relazione non è limitata a incompetenza/obbedienza all'autorità.

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    4. Questo potrebbe essere un problema insito nelle gerarchie che caratterizzano molte società di matrice pubblica e lo stesso non solo si potrebbe presentare in una logica top-down ma anche buttom-up.
      Di seguito i singoli casi:
      1. Top-down: basti analizzare un tipico caso di un ordine di un comandante ad un soldato semplice nei reparti dell'aviazione dell' Areonautica Militare: il soldato non ha idea di quelli che possano essere gli impatti di una manovra azzardata perchè inesperto, perchè è la prima volta che affronta una situazione del genere. Il comandante no, non è la prima volta. Il soldato pertanto forte di questo esegue gli ordini non curante degli effetti anche perchè se si rifiuta, lo aspetta la Corte Marziale.
      2. Buttom-Up: spesso i manager sopratutto di alto livello sono il frutto di percorsi di carriera lampo che li hanno permesso di non dover necessariamente scendere troppo nei dettagli degli aspetti della quotidianità. Spesso alcune aziende preferiscono far cambiare ai propri manager del top-level, aree di impiego, senza pensare che questi non conosceranno mai le criticità che caratterizzano il lavoro di tutti i giorni. Spesso, inoltre, succede che questi manager vengano messi in alcune posizioni perchè graditi all'A.D. il quale impartisce loro gli ordini, i target. Ignari delle peculiarità dello specifico lavoro pensano ad applicare delle regole generali che però non sempre valgono ed allora ecco che può capitare che un giorno un sottoposto del manager possa dare un consiglio sbagliato (per innumerevoli motivi) e questi possa non avere la sensibilità necessaria per confutare quello che la controparte asserisce e si lasci quindi influenzare. Bene, nella mente del Manager ci saranno solo gli obiettivi dell'A.D.: i target, i risultati, nuove possibili promozioni. Ecco quindi che allora, se il sottoposto dice che una cosa renderà meglio, anche in questo caso potremmo avere effetti devastanti per una "obbedienza all'autorità"

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    5. Esiste secondo me una forte relazione tra obbedienza all'autorità e incompetenza dell'agente e quindi come quest'ultimo in mancanza di chiara eperienza, capacità,abiltà possa manifestare un atteggiamento di sottomissione e conformismo alle regole ossia adeguarsi alle pressione di un'autorità mediante l'adozione e applicazioni di norme che gli sono state proposte o imposte. Tuttavia ritengo che nell'approcio all'obbedienza di un'autorità debbano essere valutate altre condizioni legate sia alla situazione che ad inclinazioni personali.

      Luca Gammella

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    6. Si, a mio avviso esiste una correlazione positiva dal momento che al crescere dell'incompetenza dell'agente aumenta la probabilità di sottomettersi agli ordini dell'autorità. Ritengo che la competenza/incompetenza rientri nei "fattori
      vincolanti" che tendono ad eliminare la libertà d'azione dell'agente, insieme al background personale, alla capacità di esprimere la propria personalità e al contesto/società in cui si vive. Ciò permette all'individuo di diventare un mero esecutore di un potere esterno che finisce per essere percepito come legittimo ed è proprio tale legittimazione che permette la de-responsabilizzazione morale e la sottomissione all'autorità.
      Un esempio può essere riscontrato - a mio avviso - nella cronaca degli ultimi anni, in riferimento alle gare "aggiudicate" ripetutamente alle stesse cooperative. Al di là dei bandi pilotati, dai cartelli e dello scandalo su Mafia Capitale che ne è scaturito, dalle indagini emerge come spesso i membri delle commissioni di gara hanno continuato ad affidare servizi alle medesime aziende in base a proroghe di proroghe, adeguandosi dunque alle pressioni di vari esponenti politici ma non necessariamente per corruzione piuttosto per incompetenza e/o non conoscenza delle regole relative agli appalti pubblici e dei limiti legislativi in tal senso.

      Bianca Piazza Restivo

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  2. Qual è il legame tra obbedienza all'autorità e interesse primario dell'azienda?

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    1. In una situazione ideale e priva di conflitti di interesse, l'utilizzo dell'autorità è strettamente finalizzato al raggiungimento dell'interesse primario dell'azienda. In questo caso, obbedire all'autorità rispecchierebbe un'obbedienza all'interesse primario dell'azienda e dovrebbe quindi configurarsi come legame naturale e imprescindibile. Qualora però vi siano incongruenze tra l'interesse primario dell'azienda e l'interesse di chi detiene l'autorità, l'obbedienza alle direttive impartite da questi ultimi provocherebbe un legame distorto e dannoso per l'azienda e i suoi portatori d'interesse.

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    2. L'autorità può indirizzare i soggetti verso il soddisfacimento dell'interesse primario dell'azienda se usata in maniera positiva e quindi diventa un riferimento per orientare i comportamenti . Altresì, come mostrato dall'esperienza di Milgram, l'autorità può influenzare i comportamenti in maniera negativa a tal punto da portare i soggetti contro l'interesse primario.Il legame dovrebbe essere quantomeno positivo e soprattutto proattivo, obbedisco all'autorità se riconsoco che il comportamento è coerente con l'interesse primario dell'azienda.

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    3. Collegandomi a quanto esposto alla precedente domanda è curioso quanto spesso si insinua nelle menti dei responsabili delle aziende i quali dimenticano alle volte il vero interesse aziendale e lo rendono invece persona dandogli un nome e cognome che spesso può corrispondere al proprio o a quello del capo di riferimento.
      Se i due interessi coincidono allora si è una situazione che magari potrebbe portare a dei conflitti etici, ma non necessariamente. E' importante però che l'azienda sia un'azienda come dichiarato dal Codice Civile e nell'Economia Aziendale perchè qualora questa fosse un'associazione mafiosa o operasse per qualche associazione con interessi altri rispetto a quelli istituzionali, allora potrebbero venire a crearsi dei Conflitti di Interesse.
      L'obbedienza all'autorità può essere comunque presente in ogni impresa e potrebbe andare in conflitto con l'interesse aziendale quando l'incompetenza o la "furbizia" (leggi CdI reale consapevole) del singolo e di un gruppo vanno contro l'interesse primario aziendale.

      Pierpaolo Ricci

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  3. Avete esempi di obbedienza all'autorità in ambito aziendale? Uno può essere quello che riguarda l'amministratore che obbedisce all'autorità dell'azionista di controllo. A chi dovrebbe rispondere l'amministratore?

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    1. L'amministratore dovrebbe rispondere esclusivamente all'interesse primario dell'azienda.

      Dovrebbe dunque agire in modo da contemperare l'interesse primario dell'azienda anche qualora questo risulti incompatibile con le direttive provenienti dall'azionista di controllo.

      Chiara Palmieri.

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    2. L' amministratore risponde al consiglio di amministrazione e quindi non solo all'azionista di controllo ma deve anche tenere conto degli interessi minoritari e di tutte le posizioni dei portatori di interessi. Segue l'interesse primario dell' impresa.

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    3. L'amministratore in quanto tale decide per l'azienda, da le coordinate che tutti dovranno seguire. L'azionista di maggioranza ha sicuramente un potere: quello di togliere all'amministratore l'incarico e di sostituirlo. L'amministratore tuttavia non risponde solo all'azionista bensì, proprio in virtù dell'interesse primo dell'azienda, ha anche quello di creare valore sostenibile oltre che operare in maniera sistemica ed in economicità. Creare valore sostenibile, vuol dire per tutti i suoi portatori di interessi tra cui i dipendenti, le aziende partner, le istituzioni, l'ambiente e più in generale la collettività pertanto, a meno di casi di nepotismo, gli amministratori il più delle volte sono persone competenti le quali sanno discernere ciò che comporta impatti negativi su quanto detto sopra o meno. E' chiaro però che ogni individuo ha una propria coscienza, dei propri principi ed un proprio modo di lavorare e se questo combacia con quelle che sono le direttive dell'azionista di maggioranza (vuoi per incompetenza, mancata lungimiranza nelle decisioni oppure per scelte che riguardano l'individuo), in questo caso potrebbero figurarsi situazioni nelle quali l'amministratore segua quanto indicato dall'azionista di maggioranza il quale potrebbe anche promettere nuovi incarichi futuri.

      Pierpaolo Ricci

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